È siciliano, è magistrato di Cassazione, è stato direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Bruno Giordano per anni si è occupato, e continua a farlo, di sicurezza sul lavoro. Gli incidenti non capitano mai per caso o per disattenzione dei lavoratori.

Bruno Giordano, magistrato di Cassazione
 

L'ennesima strage sul lavoro: cinque uomini sono morti per le esalazioni di un pozzo nel quale non dovevano, almeno così sembra, calarsi. Eppure ho sentito più volte ripetere che vanno bene i corsi di formazione, ma c'è anche una responsabilità individuale nel proteggersi.

La colpa non è di chi muore. La colpa è del datore di lavoro che doveva controllare, fornire gli strumenti di prevenzione, istruire e addestrare. Hanno diritto a non morire anche i lavoratori un po’ superficiali o disattenti. In tutti i casi è scientificamente impossibile che negli omicidi colposi plurimi, dove ci sono più morti sul lavoro, vi sia una distrazione collettiva. La distrazione, la disattenzione è strettamente individuale, non esiste un errore di gruppo. Quando si verifica una strage, significa che c’è stata una disorganizzazione o non conoscenza dei rischi e di come proteggersi. Nel caso di Casteldaccia, lo dimostra il fatto che lo stesso titolare della ditta si è calato in quella realtà: egli stesso era incosciente e inconsapevole dei rischi che correvano lui e i suoi dipendenti.

In questo caso, come nelle stragi precedenti rimangono vittime del lavoro i dipendenti di aziende in subappalto e lavoratori precari. Qui c'erano due lavoratori interinali.

È una costante di tutti gli incidenti sul lavoro, in particolare delle stragi: si pensi a Brandizzo, a Firenze e ora anche Casteldaccia. Appalti, subappalti o la presenza di lavoratori con contratti improntati alla precarietà, somministrazione, distacco eccetera: tutto ciò aumenta, come sappiamo ormai da anni, l’insicurezza del lavoro. Più si è precari, più si è di passaggio in un luogo di lavoro, meno si è organizzati, informati e formati. L’altra costante è quella delle piccole e medie imprese: si muore al 90% soprattutto nelle piccole e medie imprese perché vi è una minore sindacalizzazione, non si applica lo Statuto dei lavoratori e perché, proprio a causa della precarietà, si ha quasi paura a rivendicare il proprio diritto a tornare a casa, il proprio diritto a vivere. Siamo arrivati al punto che la precarietà ha fagocitato lo stesso diritto alla vita. Infine, la terza costante è quella della disinformazione, della cattiva formazione o addirittura dell'assenza di qualsiasi forma di addestramento. Io credo che a Casteldaccia, così come a Firenze o a Brandizzo, i lavoratori non fossero stati istruiti e minimamente consapevoli del rischio che correvano, altrimenti non sarebbero andati in quella cisterna o su quei binari perché un lavoratore non esce di casa per andare a suicidarsi, per cadere in un ponteggio, per essere travolto da un treno o per morire intossicato in una cisterna. Esce di casa per un pezzo di pane e poi tornare, quindi l'idea che il lavoratore sia così superficiale da essere addirittura suicida è ovviamente una scusa di comodo, per alleggerire la posizione di chi invece doveva garantire la sua incolumità e tutelarlo.

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Per di più la normativa in vigore prevede che l'azienda capofila della catena degli appalti non abbia nessuna responsabilità per quello che accade nelle ditte in subappalto.

Anche questa è una norma che deresponsabilizza ulteriormente le imprese. Bisogna precisare che la norma oggetto del quesito referendario promosso dalla Cgil riguarda la responsabilità civilistico-risarcitoria dell’azienda committente e la quota dell’indennizzo da parte dell’Inail. Comunque possiamo dire che la posizione del committente, soprattutto attraverso i provvedimenti legati al Pnrr, è stata fortemente alleggerita. Cioè si è scaricata la responsabilità verso il basso, verso le piccole e medie imprese che concorrono e sgomitano tra di loro per poter conseguire un subappalto ancorché minimo. Queste sono costrette a stringere la cinghia accelerando i lavori, quindi affrettandosi e abbassando la qualità dei materiali utilizzati e soprattutto eludendo i costi della sicurezza. Così non va bene. Un piccolo imprenditore che ha pochi dipendenti, per inserirsi in un grande cantiere per conseguire un subappalto, non può che ritagliare i costi attraverso questi tre profili.

Un'ultima domanda: l’incidente di ieri si è verificato a Casteldaccia in provincia di Palermo. Cioè in quella Sicilia che è tristemente famosa per la quasi assenza degli ispettori sul lavoro. Anche questa è una concausa?

Certamente, è una forte responsabilità istituzionale che non riguarda soltanto l’attuale governo, sono decenni che la regione Sicilia non assume ispettori del lavoro. Occorre tenere presente che la Regione Sicilia, per statuto speciale che ha forza e valore di legge costituzionale, ha la competenza in materia di ispettorato del lavoro e ha un Ispettorato regionale, quindi non avere ispettori e aver ridotto in alcune province la presenza degli ispettori a numeri insufficienti per eseguire qualsiasi ispezione, vuol dire avere abdicato totalmente ai propri doveri costituzionali previsti dallo Statuto regionale. Questa è una responsabilità che non può essere rimarginata con una corona di fiori.

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